Il dovere d’informare tempestivamente il paziente è una chimera? Per la Cassazione no.
Avv. Nicola Todeschini Risarcimento per consenso informato negato
No, il dovere contrattuale d’informare non è una chimera, ma la pratica paternalistica d’ignorarne il fondamento è dura a morire e si riscontra anche in pronunce timide per fortuna arginate dall’intervento, sempre coerente, della Corte di Cassazione (in tal caso dello stima.mo Cons. Giacomo Travaglino, autore di pagine fondamentali in argomento).
La lenta ma inesorabile evoluzione della giurisprudenza anche di merito risulta rappresentata chiaramente da questa vicenda, in primo e secondo grado interpretata in modo incoerente: lamentano, gli eredi di un paziente, la mancata tempestiva informazione circa gli esiti allarmanti di un’indagine diagnostica. Nel silenzio dei sanitari e della struttura il paziente, pochi giorni dopo, muore.
Secondo il Tribunale non esiste una regola che impongo al medico di informare tempestivamente il paziente dell’esito di un esame, tesi allarmante che purtroppo trova accoglienza innanzi alla Corte d’Appello di Venezia. Il caso finisce dinanzi alla Corte di Cassazione e nelle mani, preziose, del Cons. Travaglino che cassa, senza tema di smentita, le conclusioni delle corti di merito osservando che la regola che impone la comunicazione tempestiva di un’informazione che condiziona la vita del paziente non va ricercata se non nel codice civile, e in particolare nel principio di diligenza ex art. 1176 c.c.
Che non si trattasse, poi, d’informazione di rilievo secondario lo dimostra il decesso del paziente, così che appare assai discutibile che sino alla pronuncia della Cassazione non avesse potuto trovare accertamento la responsabilità dei sanitari per la difettosa informazione.
Il principio che se ne trae, non nuovo, è che i sanitari sono tenuti ad informare tempestivamente il paziente dell’esito, tanto più se poco tranquillizzante, di un accertamento, anche se non siano poi destinati necessariamente al trattamento del caso, come accade quando il paziente si rivolga alla struttura per eseguire solo l’accertamento diagnostico e non necessariamente per essere successivamente curato. La diligenza speciale dei sanitari deve spingersi a proteggere la salute del paziente segnalando esiti che non siano indifferenti, tanto più se, come in tale ipotesi, risulti che il silenzio abbia impedito la cura tempestiva portando alla morte il povero paziente.
Spetta pertanto il risarcimento agli eredi del paziente deceduto per non aver potuto determinarsi al trattamento di una patologia rilevabile dall’esito di un esame clinico allarmante.
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Il commento dell’Avv. Nicola Todeschini sul caso pubblicato nella rivista Persona e Danno.