Malasanità a Bergamo: Il Tribunale condanna l’Azienda Sanitaria anche al rimborso delle spese
Avv. Nicola Todeschini Responsabilità della struttura ospedaliera, Risarcimento per errore medico
Lei ha un tumore!
Ma non era vero, risarcita la paziente inutilmente operata.
La storia di malasanità che raccontiamo riguarda un episodio, non isolato, di probabile scambio di vetrini che ha causato una inutile operazione demolitiva al seno di una donna che si era rivolta all’Azienda Sanitaria di Bergamo per sottoporsi ad accertamenti diagnostici ed era stato evidenziato un nodulo nella mammella che suggeriva l’esecuzione di una successiva biopsia.
Correva l’anno 2014 e l’esito di tale biopsia era severo: “carcinoma duttale infiltrante G2” i sanitari suggerivano di provvedere immediatamente all’esecuzione di un intervento chirurgico proponendo due alternative: un intervento conservativo di quadrantectomia ovvero l’esecuzione di una mastectomia con ricostruzione protesica.
La paziente, non soddisfatta dall’incertezza che emergeva dal consiglio dei sanitari si rivolgeva così all’Istituto Europeo di Oncologia che suggeriva di procedere ad una quadrantectomia che veniva eseguita pochi mesi dopo.
Venivano esaminati i linfonodi sentinella che risultavano, incredibilmente, esenti da neoplasia e la signora aveva in quell’occasione la certezza di essere stata operata inutilmente, di aver creduto di essere affetta da una grave neoplasia sviluppando così conseguenze, anche sul piano psichico, assai gravi.
D’innanzi al pacifico contrasto tra le risultanze iniziali e la successiva diagnosi che le smentiva, la paziente si augurava che la struttura ospedaliera responsabile dell’errore diagnostico si facesse parte diligente e provvedesse a formulare le sue scuse e a risarcire il danno ma dalla struttura non perveniva alcun segnale di disponibilità cosicchè la paziente era costretta a depositare un ricorso per accertamento tecnico preventivo che l’Azienda Ospedaliera tentava in ogni modo di impedire facendo ricorso anche ad eccezioni francamente discutibili.
Il Giudice nominava quindi un collegio di consulenti che studiavano il caso e confermavano che la diagnosi istopatologica di carcinoma duttale infiltrante non fosse corretta segnalando che la paziente aveva così subito un intervento maggiormente demolitivo che viceversa non sarebbe stato necessario.
Ma nemmeno dopo la conferma di ciò che era a ciascuno evidente la Struttura ha inteso formulare proposte transattive ma anzi ha insistito nel ritenere l’accertamento tecnico non ammissibile obbligando la paziente a depositare ricorso ex art. 702 bis c.p.c. (un procedimento civile a cognizione ridotta, e quindi più agile e breve, voluto anche dalla riforma Gelli Bianco) che è iniziato a dicembre del 2018 ed è durato un solo anno.
Ma anche nel corso del procedimento civile, con il quale la paziente chiedeva che gli esiti dell’accertamento tecnico preventivo già svolto fossero valorizzati dal Magistrato, che provvedesse quindi alla condanna della Struttura Ospedaliera, quest’ultima non mutava contegno insistendo nel perorare tesi pretestuose opponendosi in ogni modo ad una soluzione conciliativa e così, con la sentenza pronunciata in data 12.11.2019 il Tribunale di Bergamo, Giudice dott. Tommaso Del Giudice, condannava l’Azienda non solo a risarcire il danno applicando le tabelle del Tribunale di Milano ma pure a risarcire tutte le spese legali e peritali sia del ricorso per accertamento tecnico preventivo che del successivo giudizio cosicchè, ad oggi, l’Azienda Ospedaliera, per aver inutilmente negato l’evidenza, si trova onerata del pagamento di un importo di oltre il 30% più importante di quello che avrebbe dovuto sostenere se avesse voluto conciliare o quantomeno, all’esito dell’accertamento tecnico preventivo, dimostrarsi disponibile alla discussione.
Anche tale caso, come molti altri che abbiamo commentato in passato, si presta a paradigma del contegno che molto spesso strutture sanitarie e loro assicurazioni manifestano nel modo di interpretare il contenzioso, liquidando ogni finalità deflattiva dei procedimenti, voluti dalla riforma della responsabilità medica per rendere più agile il percorso del contenzioso, tentando di sfidare la sorte in procedimenti costosi dei quali poi sono costrette a sostenere i costi.
Quando quindi si discute di medicina difensiva, dei costi dei risarcimenti erogati, le statistiche sono prevalentemente fallaci perchè non tengono conto dell’aumento dei costi del risarcimento erogato legati alla mala gestio del caso finendo per attribuire ad incomprensibili aumenti, nel tempo, del costo dei risarcimenti senza rendersi conto che, delle somme erogate, frequentemente una quota significativa va attribuita proprio alla scarsa disponibilità alla conciliazione.