Cellulare sequestrato a Scuola a Treviso: qual’è il vero scandalo?
Avv. Nicola Todeschini Riparazione dei torti
Ha suscitato molto scalpore il caso trevigiano del cellulare sequestrato e non restituito anche dopo l’orario scolastico.
Pare che i genitori se la siano presa e che abbiano incaricato un avvocato di agire per lamentare anche una serie di condotte che avrebbero rilievo penale. Come sempre i commenti si sono divisi tra chi ha ritenuto la reazione dei genitori eccessiva e chi invece ha criticato la scelta della Scuola.
Si è visto sequestrare il telefonino cellulare che stava usando in classe e non gli è stato restituito a fine delle lezioni. Così uno studente di 18 anni ha denunciato l’istituto ai carabinieri di Treviso. Ai militari il giovane ha detto che, senza poter utilizzare il cellulare al termine delle scuola, non aveva potuto tenere i contatti con i familiari i quali, trovandosi fuori città, avevano cercato di contattare il figlio per assicurarsi stesse bene. Ma gli insegnanti della scuola, il «Duca degli Abruzzi», avevano messo in cassaforte il telefonino, per restituirlo direttamente ai genitori dello studente, come prevede il regolamento. Le ipotesi formulate nella denuncia sono di sequestro illegittimo e abuso di potere (da La Tribuna di Treviso del 25.01.2017).
Ma ai miei occhi, al di la del regolamento della Scuola e dell’opportunità della reazione, ha destato ancor più gravi perplessità la dichiarazione attribuita all’Assessore regionale all’istruzione:
A scuola non deve prevalere il codice civile o il codice penale. Queste sono le regole del vivere», ha invece commentato l’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan, commentando la vicenda, «in una comunità educativa, e questo la scuola dovrebbe tornare ad essere, ci devono essere regole interne. L’utilizzo del telefonino non deve avvenire in classe, e quindi va “sequestrato”. È chiaro che poi il bene deve essere restituito, ma potrebbe essere ridato a fine anno. Allora la pena sarebbe quella vera e dura. Non c’entra il codice civile: tu sei in classe, sei sottoposto a regole, che sono quelle, il docente in quelle ore rappresenta l’autorità della scuola: c’è un preside, e un consiglio di istituto scolastico che, in virtù dell’autonomia, determinano il vivere e le regole all’interno della struttura. Credo che oggi, al di là di chi è proprietario del bene, e il telefonino è un bene mobile, dentro la scuola debbano vigere altre regole». (da La Tribuna di Treviso del 25.01.2017)
E’ vero che siamo nel paese in cui il Ministro dell’istruzione può bleffare sulla propria istruzione, ma che anche l’Assessore regionale rinunci a ricordare il ruolo educativo della scuola fa specie.
Quando mai la Scuola può essere alveo riservato nel quale valgono solo le regole che si è data?
Un conto è avere antipatia ed esprimere biasimo per lo studente che insiste nel violare la regola, anche solo di buona educazione, che sancisce il divieto dell’uso del cellulare nell’orario scolastico; un conto è ritenere che la reazione dei genitori sia eccessiva, inopportuna, altro è, dal pulpito del ruolo istituzionale dell’Assessore, paventare una realtà inesistente ed antigiuridica nella quale la Scuola rimarrebbe impermeabile alle regole del codice civile e penale.
Deludente, infine, che chi ha ruoli di vertice nel sistema dell’istruzioni insegni che, dinanzi alla violazione di una regola (utilizzo del cellulare a Scuola) la reazione possa consistere nella violazione delle regole civili e penali, dando proprio una bella lezione agli studenti: a violazione rispondete pure con altra violazione invocando anzi deroghe, scusanti, eccezioni.
Ma non esistono più le sanzioni disciplinari?
Intervistato in argomento da RadioTop ho spiegato meglio il mio punto di vista, ascoltalo qui:
attendo poi il tuo commento!