Facebook e la patinata bandiera francese: perché no.

Facebook e la patinata bandiera francese: perché no.

Avv. Nicola Todeschini Blog, Riparazione dei torti

Ha suscitato fastidio e stizza un mio post sul social Facebook dove imperversava la novella grafica della bandiera trasparente della Francia, colpita dal vile attacco terroristico.

Come è noto facebook ha suggerito di far sentire la propia vicinanza alla Francia ed ai francesi, bontà sua, confezionando in una grafica accattivante una bandiera francese semi trasparente da sovrapporre alla foto del profilo, ed in molti vi hanno provveduto.

Scrivevo quindi così:

La bandiera francese suggerita a simulacro della nostra presunta vicinanza mi fa venire in mente tutti i “io sono…” da Charlie a Valentino Rossi, dal gay perseguitato a Fabrizio Corona… Siamo spesso “altri”, su suggerimento, interessato, di chi ospita fugaci bandiere. Sarebbe forse auspicabile fossimo noi stessi sempre, anche quando bisognerebbe elaborare un pensiero originale in luogo della ripetizione di quello prefigurato altrui.

E da domani tutti ad esprimere intolleranza per il vicino di casa che lascia l’auto tra i piedi, ma con la bandiera che sventola alta.

Come se fosse stata messa in dubbio la sincerità del sentimento (chi non proverebbe compassione per tante morti innocenti?) sono seguite difese anche stizzite della modalità di manifestazione del proprio pensiero scelta; così oggi insisto, ma con qualche argomento in più, perché credo che sia importante farlo.

Anzitutto analizziamo con serenità la scelta: il fidato Facebook non si limita a ricordare che in Francia il terrosismo estremista ha mietuto vittime innocenti invitandoci magari a qualche minuto di raccoglimento, ma tenta di orientare la nostra modalità di espressione in modo univoco. Lo fa, perché ci conosce bene, confezionando un’applicazione che ci risulti gradita e assecondi anche la nostra vanità: non una bandiera punto, o la citazione di un nobile pensiero altrui così profondo da meritare d’essere diffuso ad interpretazione del nostro stato d’animo, ma un bell’abitino da vestire per la festa. Colori a modo, ben gestiti dal punto di vista grafico, tali da rendere accattivante la nostra immagine del profilo e non comprirla del tutto, anzi renderla ancor più gradevole.

Insomma ha ragionato, con la sua consueta abilità, per farci vestire una nuova, perdonate la licenza, mutanda patinata.

Quando l’ho veduta, scosso come tutti dalla vigliaccheria dell’attacco, stavo per cedere, suggestionato dall’onda di adesioni che tale iniziativa, interessata, aveva nel frattempo suscitato. Poi mi sono chiesto perché accompagnare alla mia immagine proprio “quella bandiera” e ho desistito.

Dovremmo lasciare che, in nostro luogo, parlassero sentimenti meglio esposti, simboli assunti dalla cultura a riferimento di un modo di sentire, non la patinata nostra immagine ben assecondata dalla grafica di fecebook. Quale simbolo rappresenta se non l’ennesima indulgenza ai programmi altrui condita dalla soddisfazione della nostra vanità?

 

Ma c’è un altra ragione, assorbente: Facebook non fa nulla per nulla.

Ha bisogno, come è noto, dei nostri dati, di catalogare i nostri orientamenti, saggiare la nostra inclinazione ad assecondare le sue indicazioni, così da comprendere in quali condizioni, con quale resa stilistica, sia in grado di farci fare ciò che vuole, assumere determinati orientamenti; desidera soprattutto vendere spazi pubblicitari e interi data base di nominativi adatti ad essere destinatari di offerte commerciali.

Una ragione in più insomma per non lasciarsi sedurre dal “porta a porta” della solidarietà, in particolar modo quando non sia nemmeno legato ad iniziative benefiche, peraltro tutte da verificare quand’anche proposte.

Centra qualche cosa la libertà di manifestazione del pensiero? Come un calciatore all’Accademia della crusca, nulla. In discussione, al più, la modalità scelta, ed il significato, ambiguo, che una scelta non attenta può veicolare, tanto più se strumentale ad assecondare esigenze, di facebook, tutt’altro che ispirate ai nostri sentimenti.

Ma facebook pensa anche alla nostra coscienza: cosa c’è di meglio che sentirsi in pace con il mondo per aver manifestato solidarietà in modo così carino? Perchè allora non anche il decoro francese applicato grazie alle unghie finte? Forse è lecito dubitare della franchezza dei sentimenti altrui se si manifestino con due click piuttosto che con lo smalto in tinta?

No di certo, il dolore non si può misurare con il mezzo scelto, o indotto che sia, ma allora, voi direte, perché fare tanta fatica ad esprimerlo con un po’ di originalità e senza farsi strumentalizzare?

Appunto, perché?


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